AdE: analisi delle novità in materia di plusvalenze su partecipazioni qualificate non residenti

L’Agenzia delle entrate si è soffermata a fornire chiarimenti e istruzioni sulle novità introdotte dalla Legge di bilancio 2024 in tema di regime fiscale delle plusvalenze su partecipazioni qualificate realizzate da società ed enti commerciali non residenti (Agenzia delle entrate, circolare 29 luglio 2024, n. 17/E ).

L’articolo 1, comma 59, lettera a), della Legge di bilancio 2024 introduce il comma 2-bis all’interno dell’articolo 68 del TUIR, recante i criteri di determinazione delle plusvalenze riconducibili a specifiche fattispecie individuate dall’articolo 67 del TUIR.

 

In particolare, il nuovo comma 2-bis contiene una modifica al regime fiscale delle plusvalenze da cessione di partecipazioni qualificate, prevedendo che le plusvalenze realizzate, a seguito di cessioni di partecipazioni qualificate fiscalmente rilevanti in Italia, escluse quelle in società semplici e quelle aventi le caratteristiche di cui all’articolo 68, comma 4, del TUIR, poste in essere da società ed enti commerciali, godano di un particolare regime fiscale, qualora soddisfino i requisiti previsti.
Viene, dunque, esteso il trattamento fiscale “participation exemption“, riservato alle plusvalenze da cessione di partecipazioni realizzate da soggetti residenti, alle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate realizzate da società ed enti commerciali non residenti nel territorio dello Stato e privi di stabile organizzazione.

 

La circolare passa, quindi, ad analizzare l’ambito soggettivo e oggettivo del nuovo regime in seguito alle modifiche apportate.

In particolare viene chiarito che i soggetti destinatari della disciplina di cui al comma 2-bis sono le società ed enti commerciali privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato, residenti in uno Stato appartenente all’UE o allo Spazio economico europeo che consente un adeguato scambio di informazioni e soggetti a un’imposta sul reddito delle società. Rientra, inoltre, nell’ambito soggettivo di applicazione della norma il soggetto non residente, anche con stabile organizzazione in Italia, nell’ipotesi in cui la partecipazione qualificata rilevante in Italia, oggetto di cessione, sia contabilmente e funzionalmente riferibile all’entità non residente cui la stessa appartiene.

 

Le plusvalenze rientranti nell’ambito oggettivo delle nuove disposizioni, invece, sono quelle definite dalla lettera c) del comma 1 dell’articolo 67 del TUIR, diverse da quelle derivanti dalla partecipazione in società semplici e da quelle di cui al comma 4 dell’articolo 68 del TUIR.

 

Ai fini della determinazione dell’ammontare di plusvalenza assoggettabile a tassazione, la norma dispone che la stessa, in misura pari al 5% dell’intero importo, deve essere sommata algebricamente all’ammontare corrispondente dell’eventuale minusvalenza della medesima categoria.
L’eventuale ammontare della corrispondente minusvalenza, non utilizzato in deduzione dell’eventuale plusvalenza nel corso del periodo d’imposta di realizzo, è riportato in deduzione fino a concorrenza del 5% dell’ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto.

Al riguardo, il documento di prassi specifica che le plusvalenze e le minusvalenze che rilevano per la determinazione del saldo imponibile per l’anno d’imposta 2024 sono esclusivamente quelle realizzate dal 1° gennaio 2024. Su tale insieme non incidono, pertanto, le eccedenze riportabili dai periodi d’imposta precedenti relative alle altre masse.

Tali plusvalenze oggetto del comma 2-bis sono, dunque, da assoggettare a imposta sostitutiva con aliquota del 26%.

Stabiliti i criteri di utilizzo in compensazione dei crediti in I24 con scadenze future

L’Agenzia delle entrate ha fissato criteri e modalità applicative dell’addebito in conto con scadenze future di cui all’art. 17 del D.Lgs. n. 1/2024, previsto per i versamenti ricorrenti, rateizzati e predeterminati, di imposte, contributi e altre somme cui si applica l’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997, effettuati attraverso i servizi telematici dell’Agenzia (Agenzia delle entrate, provvedimento 26 luglio 2024, n. 313945).

L’articolo 17 del D.Lgs n. 1/2024, prevede che, per i versamenti ricorrenti, rateizzati e predeterminati, di imposte, contributi e altre somme cui si applica la disciplina dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997, effettuati attraverso i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate, il contribuente o l’intermediario autorizzato possa disporre l’addebito di somme dovute per scadenze future, mediante autorizzazione preventiva all’addebito su un conto aperto presso un
intermediario della riscossione convenzionato con la stessa Agenzia.

L’Agenzia delle entrate, alle singole scadenze, procede all’inoltro delle deleghe di pagamento agli intermediari della riscossione convenzionati, richiedendo l’addebito sul conto indicato e il riversamento delle somme dovute, mediante il servizio “I24” che disciplina le modalità di addebito delle deleghe F24 presentate attraverso i canali telematici dell’Agenzia.

 

A decorrere dal 5 agosto 2024, la scadenza di pagamento indicata nella delega I24 non può superare i 5 anni dalla data dell’invio della delega medesima.

L’Agenzia spiega che i crediti devono risultare disponibili sia alla data di invio delle deleghe e sia alla data di scadenza indicata e che dalla data di invio essi non sono più nella disponibilità del contribuente, a meno che non si provveda all’annullamento della delega di pagamento.
Il credito indicato nell’I24 con scadenza futura si considera utilizzato al momento del pagamento tramite compensazione, alla singola scadenza.
L’annullamento di una o più delle deleghe può essere richiesto fino al terzultimo giorno lavorativo antecedente la data di versamento indicata nell’I24, sempre attraverso i servizi telematici dell’Agenzia.

Inoltre, il provvedimento chiarisce che, qualora non sussista più il presupposto dei versamenti ricorrenti con scadenza prestabilita, ad esempio per la modifica o la
decadenza del piano di rateazione, o per la sopravvenuta insussistenza dell’obbligo dei versamenti periodici, tale circostanza non comporta automaticamente l’annullamento delle deleghe di pagamento, che dovranno essere annullate dal contribuente attraverso l’apposita procedura. Lo stesso vale nel caso in cui, al momento del pagamento tramite compensazione, non sussista più in tutto o in parte il credito indicato nell’I24.

 

Infine, chiarisce l’Agenzia, è necessario che il codice fiscale del contribuente indicato nell’I24 corrisponda al codice fiscale del titolare o del cointestatario, con abilitazione a operare con firma disgiunta, del conto di addebito. Solo nel caso di invio tramite intermediari autorizzati, il conto di addebito può essere intestato all’intermediario stesso.

Resta, dunque, in capo al contribuente la responsabilità di verificare:

  • che il conto di addebito risulti aperto presso un intermediario della riscossione convenzionato con l’Agenzia delle entrate, sia al momento dell’invio delle deleghe, sia al momento del pagamento nella data di addebito;

  • che la disponibilità finanziaria sia sufficiente per l’intero saldo dovuto al momento dell’addebito;

  • che il conto di addebito sia intestato o cointestato, con abilitazione a operare con firme disgiunte, allo stesso contribuente o all’intermediario autorizzato.

Eventi alluvionali Emilia-Romagna, le modalità di fruizione del credito d’imposta

L’Agenzia delle entrate ha reso note le modalità di fruizione del credito d’imposta riconosciuto in caso di accesso ai finanziamenti agevolati accordati ai sensi dell’articolo 1, commi da 436 a 438, della Legge di bilancio 2024, per far fronte ai danni conseguenti agli eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023 (Agenzia delle entrate, provvedimento 25 luglio 2024, n. 312076).

A seguito degli eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023, l’articolo 1, comma 435, della Legge di bilancio 2024 ha stabilito che i contributi di cui all’articolo 20-sexies, comma 3, lettere a), b), c), d), e) e g), del D.L. n. 61/2023, venissero erogati, sulla base delle istanze di concessione presentate, direttamente dal Commissario straordinario per importi complessivamente considerati fino ad un massimo di 20.000 euro, se destinati a soggetti privati non esercenti attività sociali, economiche e produttive, e fino ad un massimo di 40.000 euro, se destinati a soggetti esercenti attività sociali, economiche e produttive, nei limiti delle risorse disponibili sulla contabilità speciale.

Il successivo comma 436 ha, poi, previsto che i contributi di importo complessivamente superiore a quelli di cui al comma 435 potessero essere erogati, per l’intero importo, anche con le modalità del finanziamento agevolato sulla base degli stati di avanzamento relativi all’esecuzione dei lavori, alle prestazioni di servizi e alle acquisizioni di beni necessari all’esecuzione degli interventi ammessi ai contributi.

Inoltre, il comma 439 ha disposto che in capo al beneficiario del finanziamento maturasse un credito d’imposta, fruibile esclusivamente in compensazione, in misura pari, per ciascuna scadenza di rimborso, all’importo ottenuto sommando alla sorte capitale gli interessi dovuti, nonché le spese strettamente necessarie alla gestione dei medesimi finanziamenti.

 

Tale credito d’imposta potrà, dunque, essere utilizzato dal beneficiario del finanziamento per corrispondere le rate di rimborso del finanziamento stesso.

Il soggetto finanziatore potrà recuperare l’importo della sorte capitale e degli interessi, nonché delle spese strettamente necessarie alla gestione del medesimo finanziamento, mediante l’istituto della compensazione dei crediti, a partire dal giorno successivo alla scadenza di ogni singola rata.

In alternativa all’utilizzo in compensazione, sarà possibile recuperare tali somme mediante la cessione del relativo credito ad altre banche, senza facoltà di successiva cessione.

Ai fini dell’utilizzo in compensazione dei crediti:

  • i soggetti finanziatori o gli eventuali cessionari dovranno presentare il modello F24 esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento;

  • saranno istituiti dall’Agenzia uno o più codici tributo da indicare nel modello F24 e saranno impartite le istruzioni per la compilazione della delega di pagamento;

  • non verrà applicato il limite previsto dall’articolo 34 della Legge n. 388/2000.

Con successivo provvedimento saranno definiti modalità e termini per la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate, da parte dei soggetti finanziatori, degli elenchi dei soggetti beneficiari dei finanziamenti (con i relativi importi), dei dati relativi al numero, all’importo e alla scadenza delle singole rate, nonché i dati delle cessioni dei crediti e delle risoluzioni dei contratti di finanziamento.

Nuovi chiarimenti del Fisco sul regime speciale lavoratori impatriati

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti riguardo alla possibilità di applicare il regime speciale per lavoratori impatriati alle indennità corrisposte a titolo di incentivo all’esodo e a titolo di importo transattivo (Agenzia delle entrate, risoluzione 23 luglio 2024, n. 40). 

L’articolo 17, comma 1, lettera a), del TUIR prevede l’applicazione della tassazione separata anche alle indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione dei rapporti di lavoro dipendente, nonché alle somme e ai valori comunque percepiti al netto delle spese legali sostenute, anche se a titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive, a seguito di provvedimenti dell’autorità giudiziaria o di transazione relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro.

Come già chiarito dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 29/E/2001, tra le altre indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro rientrano anche le somme corrisposte a titolo di incentivo all’esodo.

 

L’articolo 19, comma 2, primo periodo, del TUIR prevede che per tali redditi la tassazione avvenga, in via provvisoria, da parte del sostituto d’imposta e, successivamente, l’imposta dovuta sia oggetto di riliquidazione da parte dell’Agenzia delle entrate, con l’applicazione dell’aliquota media del quinquennio precedente o facendo concorrere i redditi stessi alla formazione del reddito complessivo dell’anno in cui sono percepiti, se ciò risulta più favorevole per il contribuente.

 

Alla quota delle indennità di fine rapporto, erogate in denaro e in natura, di importo complessivamente eccedente euro 1.000.000 non si applica il regime di tassazione separata di cui all’articolo 19 del medesimo TUIR. Tale importo concorre alla formazione del reddito complessivo.

 

Con riferimento all’ambito oggettivo di applicazione del ”regime speciale per i lavoratori impatriati”, è stato già chiarito dall’Agenzia che i redditi agevolati devono essere determinati secondo le disposizioni previste dal TUIR per le singole categorie di reddito, vale a dire dall’articolo 51, se derivanti da rapporti di lavoro dipendente, dall’articolo 52, se derivanti da rapporti assimilati al lavoro dipendente e dall’articolo 54 se derivanti dall’esercizio di arti e professioni.

Tale disposizione, chiarisce l’Agenzia, deve intendersi riferita ai redditi che ”ordinariamente” concorrono alla formazione del reddito complessivo e non anche ai redditi soggetti a tassazione separata.

 

Pertanto, sono esclusi dal regime speciale i redditi che non concorrono alla formazione della base imponibile ai fini IRPEF, compresi quelli ai quali l’imposta si applica separatamente , tra cui le altre indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione di rapporto di lavoro dipendente.

 

Nel caso di specie, dunque, le somme spettanti a titolo di ”incentivo all’esodo” e di ”importo transattivo” ai tre dipendenti, in occasione della risoluzione del rapporto di lavoro con l’istante, in generale, sono soggette al regime della tassazione separata, fino all’importo di 1.000.000,00 euro e al regime della tassazione ordinaria, per la quota parte eccedente detto importo. Pertanto, fino all’importo di euro 1.000.000,00, l’istante, in qualità di sostituto d’imposta, dovrà applicare il regime della tassazione separata in sede di loro erogazione.

Riguardo, poi, alla possibilità di applicare il regime speciale alle predette somme per la soglia superiore a un milione di euro, l’Agenzia fa presente che l’istante dovrà assoggettare a tassazione ordinaria le somme eccedenti la predetta soglia.

PMI: istruzioni e chiarimenti MIMIT per l’accesso alle agevolazioni della Nuova Sabatini Capitalizzazione

La circolare direttoriale 22 luglio 2024, n. 1115, del MIMIT integra e modifica la circolare n. 410823/2022 e fornisce le istruzioni necessarie alla corretta attuazione dell’intervento “Nuova Sabatini Capitalizzazione” nonché gli schemi di domanda e di dichiarazione e l’ulteriore documentazione che l’impresa è tenuta a presentare per poter beneficiare dell’agevolazione.

Dal Ministero delle imprese e del made in Italy arrivano le istruzioni per l’accesso alla Nuova Sabatini Capitalizzazione, apportando modifiche alla circolare n. 410823/2022 a seguito dell’entrata in vigore, il 20 aprile 2024, del D.I. 19 gennaio 2024, n. 43, recante il Regolamento per il sostegno alla capitalizzazione delle micro, piccole e medie imprese che intendono realizzare un programma di investimento.

 

La circolare definisce, in particolare, le caratteristiche dell’aumento di capitale sociale, nonché le modalità e i termini di presentazione delle domande per la concessione e l’erogazione del contributo in conto impianti, il cui ammontare è determinato in misura pari al valore degli interessi calcolati, in via convenzionale, su un finanziamento della durata di 5 anni e di importo uguale all’investimento, ad un tasso d’interesse annuo del:

  • 5% per le micro e piccole imprese;

  • 3,575% per le medie imprese.

Come chiarito nella circolare, esclusivamente per le PMI che possono beneficiare delle agevolazioni ai sensi del decreto Capitalizzazione, il processo di capitalizzazione deve rispettare i seguenti termini e modalità:

  1. la delibera di aumento di capitale sociale, pena l’improcedibilità della domanda di contributo, deve presentare determinate caratteristiche;

  2. l’aumento di capitale sociale deve essere interamente sottoscritto dalla PMI entro e non oltre i 30 giorni successivi alla concessione del contributo e comunque prima della richiesta di erogazione del contributo, pena la revoca del contributo stesso;

  3. la PMI entro e non oltre i 30 giorni successivi alla concessione del contributo e comunque prima della richiesta di erogazione del contributo, è tenuta a versare almeno il 25% dell’aumento di capitale, oltre l’intero valore del sovrapprezzo delle azioni, se previsto. Ai sensi degli articoli 2481 bis e 2463 bis del codice civile, qualora l’aumento di capitale sia effettuato dall’unico socio ovvero da una società a responsabilità limitata semplificata, lo stesso deve risultare interamente versato nel rispetto del predetto termine;

  4. il versamento della quota dell’aumento di capitale non versato, secondo i termini e le modalità previste dal precedente punto, deve risultare effettuato secondo quanto previsto dall’articolo 5, comma 7, e dall’articolo 9, comma 2, del decreto Capitalizzazione.

Le nuove disposizioni si applicano alle domande presentate a partire dal 1° ottobre 2024.

Credito d’imposta investimenti nella ZES Unica del Mezzogiorno, fissata la percentuale di credito fruibile

È stata fissata la percentuale effettivamente fruibile di credito d’imposta per gli investimenti nella Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica (Agenzia delle entrate, provvedimento 22 luglio 2024, n. 305765).

L’articolo 16 del D.L. n. 124/2023 ha riconosciuto un contributo sotto forma di credito d’imposta per le imprese che effettuano investimenti dal 1° gennaio 2024 al 15 novembre 2024, relativi all’acquisizione di beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nella ZES unica.

 

Con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 262747/2024 sono stati definiti il contenuto e le modalità di trasmissione della comunicazione da presentare per beneficiare dell’agevolazione.

Il comma 4 dell’articolo 5 del D.L. n. 124/2023 ha previsto che, ai fini del rispetto del limite di spesa, l’ammontare massimo del credito d’imposta fruibile è pari al credito d’imposta richiesto moltiplicato per la percentuale resa nota con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

Tale percentuale è ottenuta rapportando il limite di spesa all’ammontare complessivo dei crediti d’imposta risultanti dalle comunicazioni validamente presentate.

 

Tanto premesso, con il nuovo provvedimento n. 305765/2024 dell’Agenzia viene reso noto che l’ammontare complessivo dei crediti d’imposta richiesti in base alle comunicazioni validamente presentate dal 12 giugno 2024 al 12 luglio 2024, è risultato pari a 9.452.741.120 euro, a fronte di 1.670 milioni di euro di risorse disponibili, che costituiscono il limite di spesa.

 

Pertanto, la percentuale del credito d’imposta effettivamente fruibile da ciascun beneficiario è pari al 17,6668% (1.670.000.000 / 9.452.741.120) dell’importo del credito richiesto.

 

Ciascun beneficiario potrà visualizzare il credito d’imposta fruibile tramite il proprio cassetto fiscale, accessibile dall’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate, e utilizzare il credito in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997.

Regime speciale per lavoratori impatriati e regime neo-­residenti: i chiarimenti del Fisco

Un cittadino italiano, residente negli Stati Uniti per oltre 10 anni e rientrato in Italia, che ha usufruito del regime per neo­residenti e che ha poi revocato l’opzione per il predetto regime per fruire del regime speciale per lavoratori impatriati, ha chiesto chiarimenti all’Agenzia delle entrate in merito alla possibilità di beneficiare del regime speciale per lavoratori impatriati per un ulteriore quinquennio, a partire dal periodo di imposta 2024 (Agenzia delle entrate, risposta 22 luglio 2024, n. 159).

L’articolo 16 del D.Lgs. n. 147/2015 (cd. decreto Internazionalizzazione) ha introdotto il ”regime speciale per lavoratori impatriati”, fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.

In particolare, il comma 2­-bis dell’articolo 5 del decreto Crescita, in vigore dal 1°  gennaio 2021, ha previsto la possibilità di estendere il periodo di fruizione del regime speciale per lavoratori impatriati, anche a coloro che siano stati iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero o che siano cittadini di Stati membri dell’UE, che hanno già trasferito la residenza prima dell’anno 2020 e che alla data del 31 dicembre 2019 risultano beneficiari del regime previsto dall’articolo 16 del decreto Internazionalizzazione.

Tale disposizione ha consentito alle persone fisiche che abbiano trasferito la residenza in Italia per svolgervi attività di lavoro e che abbiano beneficiato del regime  impatriati, di poter optare per l’estensione del regime, previo versamento di un importo pari:

  • al 10% dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti nel periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, se al momento di esercizio della stessa il lavoratore soddisfa, alternativamente, specifici requisiti;

  • al 5% dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti nel periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, se in tale momento il lavoratore ha almeno tre figli minorenni e diventa proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia dopo il trasferimento, nei dodici mesi precedenti o entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell’opzione.

In entrambi i casi, l’unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà.

L’opzione deve essere esercitata mediante il versamento degli importi dovuti in unica soluzione tramite modello F24, senza la possibilità di avvalersi della compensazione, utilizzando i codici tributo ”1860”­ e ”1861”.

 

L’articolo 1, comma 154, della Legge n. 232/2016 ha stabilito che il regime speciale per lavoratori impatriati non è cumulabile con gli effetti dell’opzione di cui all’articolo 24­bis del TUIR, secondo il quale le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia possono optare per l’assoggettamento all’imposta sostitutiva dei redditi prodotti all’estero individuati secondo, a condizione che non siano state fiscalmente residenti in Italia per un tempo almeno pari a nove periodi d’imposta nel corso dei dieci precedenti l’inizio del periodo di validità dell’opzione.

Il comma 4 del medesimo articolo 24­bis stabilisce che l’opzione può essere revocata e, in tal caso, non può essere esercitata nuovamente.

 

L’Agenzia delle entrate ha già avuto modo di chiarire che i regimi agevolativi rivolti alle persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia, sono esclusivi e fra loro non cumulabili in capo allo stesso soggetto, ma relativamente al medesimo periodo d’imposta, il divieto di cumulo non esclude l’ipotesi di un utilizzo alternativo dei regimi agevolativi in anni d’imposta differenti, nel rispetto, ovviamente, dei presupposti oggettivi e soggettivi richiesti dalle rispettive norme. In particolare, i contribuenti rientrati in Italia prima del 2020 possono prolungare l’applicazione del regime speciale per ulteriori periodi di imposta esercitando l’opzione, anche se, pur possedendo i requisiti per l’applicazione del regime speciale nel periodo d’imposta 2019, non ne hanno concretamente fruito avendo optato per il regime neo-­residenti.

 

Resta fermo che il contribuente deve soddisfare, nel primo anno successivo alla conclusione del primo periodo agevolato, i requisiti richiesti dal comma 2-­bis, dell’articolo 5 del decreto Crescita previsti per effettuare nei termini il dovuto versamento del 10% o del 5% dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia oggetto dell’agevolazione, relativi al periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione.

 

Nel caso di specie, dunque, l’Agenzia ha chiarito che l’istante, che nel 2019 possedeva i requisiti per l’applicazione del regime speciale per lavoratori impatriati e che ha acquistato un immobile di tipo residenziale a novembre 2022, potrà applicare il regime speciale per un ulteriore quinquennio, anche se nel periodo d’imposta 2019 ha fruito del regime neo-residenti.

MEF: approvata la metodologia relativa al concordato preventivo biennale per i forfettari

Il Decreto del 15 luglio 2024 del Ministero dell’economia e delle finanze, recante l’approvazione della metodologia relativa al concordato preventivo biennale destinata ai contribuenti che aderiscono al regime forfettario, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18 luglio 2024, n. 167.

Con il Decreto 15 luglio 2024 MEF è stata approvata la metodologia in base alla quale l’Agenzia delle entrate formula ai contribuenti di minori dimensioni, che svolgono attività nel territorio dello Stato e che sono titolari di reddito di impresa ovvero di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni, una proposta di concordato.

 

La proposta viene elaborata sulla base della metodologia approvata, utilizzando i dati indicati dal contribuente nella dichiarazione dei redditi e le informazioni desunte dalle banche dati relative agli ISA, anche relative ad annualità pregresse. Inoltre, ai fini delle rivalutazioni prospettiche della proposta di concordato, vengono utilizzate le proiezioni macroeconomiche di crescita del PIL elaborate dalla Banca d’Italia.

 

Ai fini dell’elaborazione della proposta per i contribuenti che, nel periodo d’imposta 2023, hanno determinato il reddito in base al regime forfetario, gli stessi contribuenti devono comunicare, in sede di dichiarazione dei redditi, i dati necessari per l’elaborazione della proposta.

 

Sulla base della metodologia approvata dal decreto MEF del 15 luglio 2024, ai fini della proposta di concordato, viene individuato il reddito d’impresa, ovvero di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni, il quale rileva ai fini della proposta di concordato per il periodo d’imposta 2024.

 

Come stabilito dall’articolo 4 del decreto MEF, l’Agenzia delle entrate tiene conto di possibili eventi straordinari comunicati dal contribuente per determinare in modo puntuale la proposta di concordato. Tali eventi sono riconducibili alle situazioni eccezionali di cui alle lettere a), b), e) ed f) dell’articolo 4 del decreto MEF 14 giugno 2024, verificatesi nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024 e, in ogni caso, in data antecedente all’adesione al concordato.

Chiarimenti dell’Agenzia delle entrate sul contributo di solidarietà temporaneo per il 2023

L’Agenzia delle entrate interviene in risposta a un interpello sulla corretta interpretazione e applicazione dell’articolo 1, commi da 115 a 119, della Legge di bilancio 2023, che disciplina il contributo di solidarietà temporaneo per il 2023 per i soggetti che esercitano nel territorio dello Stato, per la successiva rivendita, attività di produzione di energia elettrica o gas metano, di estrazione di gas naturale, di rivendita di energia elettrica, gas metano e gas naturale, di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi, nonché di importazione degli anzidetti beni o di introduzione in Italia, sempre dei medesimi beni, provenienti da altri Stati dell’UE per la loro successiva rivendita (Agenzia delle entrate, risposta 18 luglio 2024, n. 158).

L’articolo 1, commi dal 115 al 119, della Legge di bilancio 2023 ha introdotto per l’anno 2023  un un contributo di solidarietà temporaneo, con il fine di contenere gli effetti dell’aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese e i consumatori.

Tale contributo è posto dall’articolo 1, comma 115, a carico dei soggetti che esercitano nel territorio dello Stato, per la successiva vendita dei beni, l’attività di produzione di energia elettrica, dei soggetti che esercitano l’attività di produzione di gas metano o di estrazione di gas naturale, dei soggetti rivenditori di energia elettrica, di gas metano e di gas naturale e dei soggetti che esercitano l’attività di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi.

Il contributo è dovuto, altresì, dai soggetti che, per la successiva rivendita, importano a titolo definitivo energia elettrica, gas naturale o gas metano o prodotti petroliferi o che introducono nel territorio dello Stato detti beni provenienti da altri Stati dell’UE. Non è dovuto, invece, dai soggetti che svolgono l’attività di organizzazione e gestione di piattaforme per lo scambio dell’energia elettrica, del gas, dei certificati ambientali e dei carburanti, nonché dalle piccole imprese e dalle microimprese che esercitano l’attività di commercio al dettaglio di carburante per autotrazione identificata dal codice ATECO 47.30.00.

Il contributo è dovuto se almeno il 75% dei ricavi del periodo d’imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 deriva dalle attività indicate nei periodi precedenti.

 

Il successivo comma 116 prevede che il contributo di solidarietà sia determinato applicando un’aliquota pari al 50% sull’ammontare della quota del reddito complessivo determinato ai fini dell’imposta sul reddito delle società relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, che eccede per almeno il 10% la media dei redditi complessivi determinati ai sensi dell’imposta sul reddito delle società conseguiti nei quattro periodi di imposta antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022; nel caso in cui la media dei redditi complessivi sia negativa si assume un valore pari a zero.

L’ammontare del contributo straordinario, in ogni caso, non può essere superiore a una quota pari al 25% del valore del patrimonio netto alla data di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.

 

L’articolo 5 del D.L. n. 34/2023 (poi abrogato dall’articolo 22, comma 1, del D.L. n. 61/2023) aveva previsto che, ai soli fini della determinazione del contributo di solidarietà temporaneo, per il 2023, non concorressero alla determinazione del reddito complessivo relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 gli utilizzi di riserve del patrimonio netto accantonate in sospensione d’imposta o vincolate a copertura delle eccedenze dedotte. Con tale articolo, dunque, erano stati esclusi (parzialmente) dalla determinazione del contributo di solidarietà gli utilizzi delle riserve in sospensione d’imposta nei termini indicati dal citato articolo 5, sia ai fini della determinazione del reddito del periodo d’imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, sia dal calcolo della media dei redditi complessivi conseguiti nei quattro periodi di imposta antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022, sino a concorrenza dell’esclusione operata nel periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023.

Successivamente, è stato ripristinato il contenuto del citato articolo 5, nuovamente senza alcun riferimento alla concorrenza (o meno) delle riserve in parola al predetto limite del 25%.

Al riguardo, l’Agenzia sottolinea la scelta del legislatore di escludere dalla determinazione del contributo esclusivamente gli utilizzi delle riserve in sospensione d’imposta, confermando a contrario che l’ammontare delle stesse concorre pienamente al patrimonio netto utile del contribuente ai fini dell’individuazione del predetto limite in quanto si tratta di riserve che astrattamente possono essere ”utilizzate”.

 

Alla luce di quanto sopra, nella fattispecie rappresentata dall’istante, l’Agenzia ritiene che ai fini del limite del 25% del contributo di solidarietà, la riserva da rivalutazione (affrancata) ex articolo 110 del D.L. n. 104/2020 debba ritenersi inclusa nel patrimonio netto ai sensi dell’articolo 2424 del codice civile, concorrendo di conseguenza la stessa alla determinazione del limite del 25%.

IMU: chiarimenti sugli immobili utilizzati dagli enti non commerciali

Il MEF si sofferma in materia di IMU fornendo chiarimenti sulle novità introdotte dalla Legge di bilancio 2024 relativamente agli immobili utilizzati dagli enti non commerciali (ENC) per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività meritevoli di tutela (Ministero dell’economia e delle finanze, circolare 16 luglio 2024, n. 2/DF).

La lett. g) del comma 759 dell’art. 1 della Legge n. 160/2019 stabilisce che sono esenti dall’IMU, per il periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni previste, gli immobili posseduti e utilizzati dagli ENC e destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali.

Al riguardo, l’articolo 1, comma 71, della Legge di bilancio 2024 stabilisce che la predetta disposizione, nonché le norme da questa richiamate o sostituite si interpretano nel senso che:

  • gli immobili si intendono posseduti anche nel caso in cui sono concessi in comodato a un soggetto funzionalmente o strutturalmente collegato al concedente, a condizione che il comodatario svolga nell’immobile esclusivamente le attività previste dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del D.Lgs. n. 504/1992, con modalità non commerciali;

  • gli immobili si intendono utilizzati quando sono strumentali alle destinazioni, anche in assenza di esercizio attuale delle attività stesse, purché essa non determini la cessazione definitiva della strumentalità.

    Al riguardo, il MEF ricorda che la lett. g) del comma 759 dell’art. 1 della Legge n. 160/2019 stabilisce che sono esenti dall’IMU, per il periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte, gli immobili posseduti e utilizzati dagli ENC e destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali.

In merito al requisito del collegamento funzionale o strutturale tra comodatario e comodante, la nuova circolare del MEF richiama quanto deciso dalla Corte di Cassazione che si è pronunciata sul tema, dando indicazioni sulla definizione del citato collegamento funzionale.

Alla luce di quanto statuito dalla Corte, il collegamento funzionale può, dunque, ritenersi sussistente ove le attività svolte dal comodatario nell’immobile rientrino nel novero di quelle agevolate, siano esercitate con modalità non commerciali e, al contempo, siano accessorie o integrative rispetto alle attività istituzionali dell’ente comodante, ponendosi con le finalità istituzionali di quest’ultimo in rapporto di diretta strumentalità.

Tale nesso di strumentalità sussiste qualora l’attività non commerciale svolta nell’immobile concesso in comodato sia legata alle finalità e alle attività istituzionali del concedente e risulti coerente e funzionale rispetto agli scopi dello stesso ente concedente.

Oltre a ciò, il MEF considera, altresì, integrato il requisito del collegamento funzionale tra comodante e comodatario nell’ulteriore ipotesi in cui il primo detenga, in forza di norma statutaria, la facoltà di nominare i componenti dell’organo di gestione del secondo ente. 

 

Per quanto riguarda, invece, la nozione di collegamento “strutturale” tra comodatario e comodante, si deve fare riferimento anche in questo caso alle indicazioni fornite dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione in merito alle condizioni che possono consentire il mantenimento dell’esenzione IMU laddove si tratti di utilizzo del bene da parte del comodatario. Secondo l’orientamento della Cassazione ciò è possibile quando il comodatario sostanzialmente utilizza il bene in attuazione dei compiti istituzionali dell’ente concedente, con il quale sussiste uno stretto rapporto di strumentalità che potrebbe definirsi “compenetrante”, ovverosia il caso in cui l’immobile è concesso in comodato a un altro ente non commerciale appartenente alla stessa struttura dell’ente concedente per lo svolgimento di un’attività meritevole prevista dalla norma agevolativa.

 

Infine la circolare MEF, per quanto riguarda la norma di interpretazione autentica relativa alla permanenza del vincolo di strumentalità alle destinazioni degli immobili per lo svolgimento delle attività meritevoli, anche in assenza di esercizio attuale delle attività stesse, richiama la giurisprudenza venutasi ad affermare, ad opera della Corte di Cassazione sul tema.

La Corte, in particolare, riconosce l’irrilevanza del mero temporaneo inutilizzo del bene per ragioni più o meno transitorie, contando, invece, ai fini della perdita del beneficio, il venir meno del carattere strumentale dell’immobile rispetto alle attività cui era destinato.

Pertanto, ai fini dell’applicazione dell’esenzione IMU, non tutti i mancati utilizzi degli immobili interessati determinano la perdita del beneficio fiscale, ma solo ed esclusivamente quelli che sono indice del mutamento della destinazione o della cessazione del rapporto di strumentalità rispetto all’utilizzazione del bene per lo svolgimento delle attività meritevoli cui gli stessi immobili sono stati destinati.