08 febb 2022 Relativamente al congedo di maternità, la mancata presentazione preventiva delle certificazioni comporta che il lavoro nell’ottavo mese è in violazione del divieto di legge con le conseguenze previste dal testo unico, ma non comporta conseguenze sulla misura della indennità di maternità.
Nel caso, una lavoratrice conveniva in giudizio l’Inps chiedendo di ordinare all’istituto di accogliere la domanda di congedo con opzione per la flessibilità e concederle pertanto di assentarsi dal lavoro per i quattro mesi successivi al parto e quindi sino al 27.1.2022. La medesima lavoratrice ha chiesto, sussistendo i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora, di ordinare all’Istituto previdenziale, in via di urgenza, di riconoscerle il congedo con opzione per la flessibilità e concederle, pertanto, di assentarsi dal lavoro per i 4 mesi successivi al parto.
L’Inps ha chiesto il rigetto del ricorso in mancanza dei presupposti per accogliere la domanda di congedo con opzione per la flessibilità, poiché il certificato medico inviato non sarebbe stato idoneo, in quanto non rilasciato nel corso del settimo mese di gravidanza. Come lo stesso istituto ha riconosciuto, il secondo certificato del medico del lavoro competente è stato emesso durante il settimo mese di gravidanza, mentre il primo certificato – secondo l’Istituto – non sarebbe idoneo in quanto emesso con quattro giorni di anticipo rispetto all’inizio del settimo mese di gravidanza.
Tale circostanza non risulta provata e occorre attenersi all’attestazione del medico ginecologo. Tanto basta per riconoscere la validità di entrambi i certificati e la sussistenza nel diritto rivendicato con il ricorso.
Va peraltro condiviso quanto affermato in sede di discussione dalla difesa della parte ricorrente, ovvero che il diritto oggetto del presente giudizio non è disponibile e pertanto nel caso in cui da lavoratrice abbia offerto la propria prestazione di lavoro durante l’ottavo mese di gravidanza, ha diritto all’astensione per i successivi quattro mesi.
In materia, la Corte di Cassazione ha chiarito che “In caso di congedo flessibile la legge prevede che le certificazioni mediche devono essere preventive. La conseguenza è che se la donna viene adibita al lavoro oltre il settimo mese in assenza di tale certificazione si applica la sanzione dell’art. 18, sempre che chi adibisce la donna al lavoro sia consapevole dello stato di gravidanza. Le regole e le sanzioni sono queste, continuano i giudici, non ne sono previste altre. Tanto meno sono previste sanzioni a carico della lavoratrice, che è destinataria della tutela, non delle sanzioni.
Se accade, come nel caso in esame, che il certificato venga presentato oltre il settimo mese e la lavoratrice abbia continuato a lavorare, il datore di lavoro, salve le sue eventuali responsabilità di natura penale, dovrà corrisponderle la retribuzione e quindi l’INPS non corrisponderà la indennità di maternità per l’ottavo mese di gravidanza. Se la certificazione viene nelle more acquisita, la lavoratrice che aveva continuato a lavorare nell’ottavo mese usufruirà dell’astensione sino al quarto mese successivo alla nascita, percependo dall’INPS la relativa indennità. Il periodo complessivo di cinque mesi non è disponibile.
La mancata presentazione preventiva delle certificazioni comporta che il lavoro nell’ottavo mese è in violazione del divieto di legge con le conseguenze previste dal testo unico, ma non comporta conseguenze sulla misura della indennità di maternità.
La riduzione della indennità da 5 mesi complessivi a 4 che l’INPS ha ritenuto di operare, non ha fondamento legislativo e si risolve in una sanzione, a carico della lavoratrice, estranea alle regole ed alle finalità della normativa a tutela delle lavoratrici madri.